La mia gratitudine al Club Tenco

La mia gratitudine al Club Tenco

“Raccontare dei successi e dei fischi non parlarne mai”…
No, non sono decisamente il tipo.
La parola che mi ha accompagnato dal giorno in cui ho saputo della mia candidatura alle “Targhe Tenco” ad oggi, giorno dell’esclusione dalla cinquina finale, è stata “divertimento”.

Amo alla follia l’etimologia di questa parola: “Divertire”, divergere, cambiare…
Divertirsi significa affrontare un cambiamento e questi pochi giorni, mi hanno dato la possibilità di pensare ed elaborare un cambiamento.
Proprio nel periodo in cui sto valutando il prossimo lavoro.

Voglio esprimere la mia più totale e sincera gratitudine al Club Tenco e a chi ne fa parte, per l’ascolto e l’attenzione che mi hanno dedicato.
Il giudizio positivo o negativo sul mio lavoro, non è determinante perché io esprima un sentimento di riconoscenza.

Essermi trovato tra i 37, è stata una sorpresa assoluta. Non ci pensavo minimamente.
Gira voce che servano agganci, conoscenze et simili e adesso posso testimoniare a favore del “Tenco” che così non è.
Della commissione ne conoscevo un paio e con due voti non si passa. Invece sono finito tra i candidati.
Questo fa onore alla limpidezza di chi faceva parte della commissione.

Ho voluto osservare con divertimento (appunto), tutto il proseguo della storia di questa edizione, dalle candidature in poi.
Ho evitato contatti con chi sapevo fare parte dei 200 e passa giornalisti. Amo propormi, non impormi.
Sono fortemente convinto che si voti secondo cultura e coscienza.
Stare da quella parte non è cosa facile.
Ho provato a mettermi nei panni di chi doveva giudicare. Ho ascoltato le proposte, mi sono trovato io stesso in difficoltà.

Questa cosa mi ha aiutato ad affrontare la situazione con estrema serenità.
L’insuccesso genera frustrazione, la frustrazione incattivisce e la cattiveria chiude all’empatia.
Chi scrive non può permettersi di non avere sentimenti di empatia nei confronti del mondo attorno.

Il mio lavoro è stata una proposta propositiva e artigianale.
Con tutti i limiti e le imperfezioni che rendono un lavoro artigianale unico ed esclusivo. Lontanissimo dalla fabbricazione in serie.
I discografici, le agenzie booking, i management etc, oggi non sono in grado di rispondere ad una mail e noi, semplicemente, abbiamo trovato il modo di “fare a meno” e fare lo stesso.
Questo ci ha portato comunque ad una candidatura al “Tenco”. Per me è oro, vista la particolarità del progetto. Era il massimo auspicabile.

Abbiamo lavorato umilmente, con discrezione: abbiamo fatto la fila alla posta, evitato di ingaggiare nomi importanti, abbiamo viaggiato per l’Italia per spiegare, casa per casa, cosa c’è dietro il lavoro del musicista… E’ tutta farina del nostro sacco. Orgogliosamente.
Le gambe erano le mie, ma la mano che non mi ha fatto cadere mai, era quella di Daniela Esposito, alla quale non smetterò di essere grato. Lei, la prima a comprendere e valorizzare un progetto che aveva come centro, paradossalmente, non l’album ma la modalità di realizzazione.
Ho solo gratitudine per il “club Tenco”, perchè mi ha puntato addosso, non dico un faro, ma un bell’abatjour.

Viviamo in un’epoca in cui il calciatore che perde dice che gli altri corrompono, se il politico fa male dice la situazione era disastrosa da prima, eccetera… Il modo migliore per non guardarsi dentro.

Io non voglio che mi manchi mai l’oggettività nel giudicare quello che faccio, la capacità di riconoscere un limite e la forza di affrontare una difficoltà con dignità. Soprattutto non voglio che manchi mai la gratitudine in chi ha posato le orecchie sulle mie opinioni in musica.

Non ho mai chiesto ai giornalisti che conosco, quali fossero le intenzioni di voto. Qualcuno ha voluto dirmelo liberamente. Ho guadagnato la loro amicizia sul campo e sono onorato di questo. Non ci sarà mai un secondo fine. Chi non conosco ancora, adesso ha un mio cd da ascoltare.
Quello sono io.

Lasciatemi augurare ai candidati esclusi, di ritrovarci prossimamente tra i “grandi”, sorridere e continuare a fare quello che amiamo fare. Stupirci, prima di stupire.

Sto camminando sulla mulattiera accanto all’autostrada. Sono stato felice del vostro veloce saluto. Vi ho risposto sorridendo.
Rinnovo il mio grazie.
A presto, spero.
Carlo

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